Se la prossima estate avrai tirato su abbastanza soldi, forse te ne andrai in vacanza in Kenya.
Le pubblicità ti hanno promesso l’Eden, ed è esattamente ciò che troverai: spiagge bianchissime piene di palme, il beduino sul cammello per le foto ricordo, sorveglianza armata 24 ore su 24.
Ma se io e te abbiamo qualcosa in comune, sono sicuro che dopo qualche giorno di sole, mare e cocktail con l’ombrellino comincerai ad annoiarti.
Ti sentirai inadeguato perché sì, sei in un paese nuovo e sconosciuto ma tutte le persone intorno a te parlano la tua lingua, hai gli stessi comfort che ci sono a casa tua, e anche qualcuno in più.
È tutto troppo facile.
Ciò che di africano vedi sono i ragazzi con la polo che lavorano in hotel e ti dicono che sì, signore, il bagno è in fondo a sinistra. Ma certo signorina, il buffet dura fino alle quattro del pomeriggio.
O quel barman dai denti bianchissimi che sogna fin da piccolo di venire in Italia per studiare all’università e mettere su famiglia.
In mezzo a tutti questi africani, di africano non ne hai conosciuto nemmeno uno.
Quando prenderai coscienza di ciò, quello sarà il momento in cui deciderai di fare un’escursione guidata, andando a vedere una tipica danza masai. E mentre guarderai quella massa di corpi negri che ondeggiano e saltano schiamazzando, resterai ammirato dalla semplicità selvaggia di quei popoli indigeni, chiedendoti quali preoccupazioni possa avere uno che vive in una capanna senza pagare le tasse, senza il traffico e senza essere costretto ad andare in palestra.
Tanto quelli la palestra la fanno ogni mattina, scappando nella savana per non essere sbranati dai leoni.
Mentre sarai intento a pensare tutte queste cose, i guerrieri Masai cominceranno a scambiarsi delle occhiate circospette, guardandosi preoccupati l’un l’altro.
C’è qualcosa che non va, ma in un primo momento non riesci a capire di cosa si tratti, finché non lo senti.
Qualcuno di loro si è scordato di mettere il silenzioso.
Canteranno più forte per coprire la musichetta, ma ormai l’illusione si è spezzata.
Un po’ come quei bimbi che ti chiederanno soldi per comprare da mangiare alle loro famiglie, soldi che ovviamente gli darai perché ti fanno tenerezza.
Con ogni probabilità avrai regalato un sorriso a un povero infelice: quella sera sorriderà molto insieme alla sorellina di sette anni mentre fumeranno abbracciati una pipa di hashish, e sono sicuro che in quegli occhi pesti e rossi spunterà una lacrima di gratitudine che…
Ok la smetto.
Te la faccio breve: non cercare l’autenticità battendo le stesse strade degli altri, perché non la troverai.
Oggi siamo tutti turisti della vita: adattiamo la realtà alle nostre aspettative, non usciamo mai dalle strade battute, ci muoviamo in gruppo e tendiamo a idealizzare gli altri.
E con tutto non intendo solo i masai, ma anche i nostri amici e le persone che amiamo.
Non ci tuffiamo nell’acqua prima di aver sentito se è calda o fredda, siamo soliti immergere solo la punta del piede: vorremmo vivere il doppio, scoprire il doppio e scopare il doppio, ma nessuno di noi ha il coraggio di uscire dal bel nido che si è costruito, per spiccare il volo verso chissà dove.
Tendiamo a considerare gli altri dei semplici compagni di viaggio, gente con cui condividere una parte del percorso e che prima o poi dovrai salutare, e rivedrai forse per un caffè in centro.
Non è del tutto colpa nostra: è la società che ci educa a vedere le cose in questo modo.
Una parte consistente di quelli che vogliono combattere questo stato di cose ha deciso di rifugiarsi nei sogni, ed è proprio a loro che dedico questo racconto, a questo piccolo esercito di sognatori e sognatrici dal potenziale inespresso, sperando che riescano a cogliere, fra le righe, lo stesso spunto che ho trovato io mentre scrivevo.
E lo dedico a Laura, ovviamente.
Puoi star certo che i tuoi compagni di viaggio rideranno di quella faccenda dei masai, di come “eh si ormai l’autenticità non esiste più”.
Ma si sbagliano: quel cellulare nascosto sotto le loro vesti rosse e sgargianti sarà l’unico barlume di autenticità che vedrete in tutta la vacanza. Quello e le zanzare.